Teatro

'MAX GERICKE' debutta a Bologna

'MAX GERICKE' debutta a Bologna

Dal 17 al 20 novembre al Teatro delle Moline andrà in scena in prima assoluta "MAX GERICKE (la maggior parte della vita è passata, menomale)" di Manfred Karge. Fabrizio Arcuri e Angela Malfitano tornano a lavorare insieme in un nuovo progetto su un autore di lingua tedesco contemporaneo.

Fabrizio Arcuri, uno dei registi più interessanti della scena contemporanea italiana, torna a dirigere Angela Malfitano in MAX GERICKE (la maggior parte della vita è passata, menomale), lavoro di un autore di lingua tedesca contemporaneo tutt’ora attivo al Berliner Ensemble: Manfred Karge, allievo di Bertolt Brecht, per anni stretto collaboratore nonché amico di Heiner Müller. Lo spettacolo, produzione Tra un atto e l’altro e Accademia degli Artefatti in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione, andrà in scena, in prima assoluta al Teatro delle Moline di Bologna dal 17 al 20 novembre.

A distanza di due anni dall’allestimento di FaustIn and Out di Elfriede Jelinek messo in scena con Accademia degli Artefatti,  Malfitano e Arcuri,  tornano a lavorare insieme in un nuovo progetto su un autore di lingua tedesca vivente, Manfred Karge, affrontandone un testo poco noto, ma probabilmente uno dei suoi capolavori: Jacke wie Hose (Giacca come pantaloni). Il celebre monologo suddiviso in 26 brevi quadri e qui messo in scena sotto il titolo di Max Gericke, è ispirato alla storia vera di una donna che nella Germania nazista degli anni Trenta, si finge uomo per lavorare e poter sopravvivere: la protagonista, Ella Gericke, racconta la sua “via crucis”, vissuta fra la grande crisi economica del 1929 e l’inizio del boom economico del dopoguerra. Un amore improvviso tra un gruista e una ragazza, il matrimonio, la malattia e una seconda vita: una donna che abbandona la sua identità per imporsi quella di uomo, e da sfondo i ricordi, le passioni e le delusioni della vita quotidiana, immersa nella storia che scorre, tra la guerra, la depressione economica, la povertà e le circostanze politiche.

Vedova a vent'anni di un operaio gruista morto di cancro, non sapendo come sbarcare il lunario, Ella si è semplicemente sostituita al marito, recitandone il ruolo, per mantenere il suo posto di lavoro nella ditta di costruzioni Nagel e Figli – posizione ambitissima in un paese afflitto da un elevato tasso di disoccupazione - sperando di ottenere una pensione in futuro. Indossa così la tuta da lavoro, si taglia i capelli, impara velocemente a manovrare la gru, a frequentare le osterie, a bere birra e giocare a ramino.

Giacca come pantaloni (il titolo originale) è diventato ormai il suo abbigliamento, perché la miseria della depressione economica prima e i nazisti poi l’hanno costretta a dimenticare di essere donna.
Ora che per Ella, la maggior parte della vita è passata e «meno male» aggiunge, rivede come in uno specchio rotto la storia della sua esistenza, dove non c’è stato spazio né per l’amore né per il dolore, ma dove ogni scelta è stata fatta in nome della sopravvivenza, fino a dimenticare del tutto la propria identità: anche questa è una forma di resistenza.

Il monologo è, a dispetto dell'ironico sottotitolo, una fiaba in cui, in una serie di schegge, si ripercorre, nella prospettiva di questa strana eroina, un trentennio di storia tedesca, e tutte le sue contraddizioni: un album di famiglia che si apre, alcune foto sono ancora nitide come il ricordo che le accompagna, altre sbiadite.
Il presente che è l'unico dato certo, cerca di fare spazio con forza a un futuro che non riesce a somigliare al passato. Con una narrazione scenica potente, in bilico tra speranza e disperazione, lo spettacolo di Arcuri dà corpo a una figura femminile carica di passione e umanità, capace di trasmettere appieno lo spirito del dramma poetico di Karge.

La SCHEDA SPETTACOLO.